venerdì 15 dicembre 2017

Larry McMurtry

C’è tutto il West in Lonesome Dove: la leggenda e la realtà della terra promessa, le durissime condizioni della vita sulla frontiera, il fascino di orizzonti straordinari, la moltitudine di cowboy, fuorilegge, soldati, giocatori d’azzardo e cacciatori di bisonti, comanche e kiowa, messicani e irlandesi, coloni, puttane, sceriffi e altri disperati che sanno di aver passato gli anni migliori “a combattere dalla parte sbagliata”. Questo vale soprattutto per Call e Gus alias Augustus, due ranger del Texas, veterani delle guerre indiane e degli scontri con i banditi, che hanno avviato un ranch, proprio a Lonesome Dove che è dove tutto ha inizio e fine pur essendo un buco nella terra del border. E’ la partenza e l’arrivo, perché quando si ripresenta Jake Spoon, un vecchio compagno d’armi di Call e Gus, l’idea di trovare un posto nuovo (e di appropriarsene), che in sé è uno dei miti fondanti dell’America, diventa il suggerimento di trasferirsi nei territori in gran parte inesplorati del Montana. Il viaggio principale, lungo tutto l’asse del West e attraverso Texas, Kansas, Wyoming e Nebraska, ha affluenti e diramazioni lungo tutto il suo percorso, proprio come i fiumi che attraversa. Un guado sicuro non c’è mai e la prima perdita avviene per i morsi di un branco di micidiali mocassini acquatici. Ci sono serpenti ovunque (crotali, in genere), ma sono un pericolo relativo per i cavalieri (“Se rallenti per un serpente, tanto vale che cammini”). Altre intemperie sono ben più dolorose: la sete e la fame nella siccità, il freddo e i fulmini nei temporali, le asperità delle piste e tutti gli ostacoli naturali, flora e fauna comprese, di un paesaggio mutevole, bellissimo e crudele, che si stringe attorno alle vicende umane, nonostante gli spazi infiniti. Gus e Call sono i primi a restare incastrati dal bagaglio che si portano dietro. Sono uno l’opposto dell’altro: Gus, che visto il nome ha qualcosa di imperiale, è logorroico, scansafatiche, sicuro di sé, con una vista (e una mira) infallibile, mentre Call è ossessionato dal lavoro, lunatico e ombroso. Si compensano, perché sono entrambi combattenti formidabili con un’idea sommaria della giustizia che coincide con la vendetta perché “se ti metti con un fuorilegge, muori con lui”. Le esplosioni di violenza sono repentine e lancinanti e determinano anche i furiosi cambi di registro di Larry McMurtry. Succede quando incontrano indiani non pacificati, o la feroce dei dei Suggs, o prima ancora quando l’inafferrabile Blue Duck rapisce Lorena. Lei è solo la prima di una mezza dozzina di personaggi femminili che determinano i destini di chi è partito da Lonesome Dove, con un riguardo particolare dovuto Elmira, che pare insopportabile e forse è soltanto un po’ troppo indipendente, e a Clara, che è una meta segreta nel cuore di Gus. La loro presenza contribuisce in modo determinante all’equilibrio che distingue il tono di Larry McMurtry: Lonesome Dove si snoda come un’infinita ballata e a più di trent’anni dalla sua comparsa (risale al 1985) rispecchia alla perfezione l’epigrafe di T. K. Whipple che lo introduce: “Tutta l’America si trova in fondo a una strada selvaggia, e il nostro passato non è morto ma vive ancora in noi. I nostri avi avevano la civiltà dentro; fuori, la natura selvaggia. Noi viviamo nella civiltà che loro hanno creato, ma in cuor nostro quel mondo selvaggio perdura. Viviamo ciò che sognarono e ciò che loro vissero, noi lo sogniamo”. Larry McMurtry, alla fine di tutte le peregrinazioni, degli scontri a fuoco, delle esecuzioni e dei duelli, delle fatiche di amori trovati, perduti o dimenticati, giunge alla stessa conclusione perché dall’argilla del Rio Grande all’erba florida del Montana “la terra è un grande ossario. Però è bella, alla luce del sole”. Epico.

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