martedì 16 gennaio 2018

Cormac McCarthy

Come se fosse un rituale di passaggio, l’inizio e la fine del viaggio di John Grady Cole coincidono con l’attraversamento della frontiera. E’ parte della soluzione, perché quando la sua famiglia vende il ranch, non gli resta che andarsene visto che “la cosa che amava nei cavalli era la stessa che gli piaceva negli uomini, il sangue e il calore del sangue che li mandava avanti. Tutta la sua reverenza, tutto il suo affetto e tutte le inclinazioni della sua vita andavano verso chi aveva il cuore ardente e sarebbe stato sempre così e mai altrimenti”. La direzione della fuga è anche il dilemma centrale di Cavalli selvaggi perché il Messico è un ospite dai pensieri più articolati e antichi, con un modus vivendi più sottile e fatalista del ruvido pragmatismo americano. John Grady Cole, Lacey Rawlins, il suo migliore amico, e Jimmy Blevins, un impiastro incontrato nella prateria, se ne accorgeranno. Se all’inizio, “guardavano il territorio circostante come se rappresentasse per loro un problema, una cosa su cui non avevano ancora un’opinione definitiva”, ben presto devono accettare l’idea che hanno scelto una via e una vita in cui l’ultima parola è dettata dagli elementi naturali. A quel punto, John Grady Cole si è incamminato verso una strada impervia e “guardava il paesaggio con certi occhi incavati come se il mondo esterno fosse stato alterato o messo in dubbio da altri aspetti che aveva scorto altrove. Come se non riuscisse più a vederlo nel modo giusto. O peggio, come se lo vedesse finalmente nel modo giusto. Lo vedesse come era sempre stato e sempre sarà”. Cormac McCarthy sa usare le descrizioni delle montagne, del deserto, dei ruscelli, dell’alba e della notte per creare un fondale che si muove allo stesso ritmo dei giovani cowboy ed è protagonista allo stesso livello. Lo si vede quando è il clima (brutale nelle sue variazioni d’umore) a determinare la svolta centrale di Cavalli selvaggi. Succede quando un temporale spaventa e fa fuggire il cavallo di Blevins (lui ancora più terrorizzato perde la camicia e gli stivali). La ricerca del cavallo (e della pistola che era rimasta nelle sacche) determinerà tutto il seguito, e così il cavallo sarà l’artefice del destino di Blevins e poi di Rawlins e di John Grady Cole. Quando lo ritrovano in un villaggio, ormai diventato proprietà di qualcun altro, lo riprendono, ma vengono inseguiti. A quel punto si separano: Blevins sparisce, mentre John Grady Cole e Rawlins dopo un lungo e sfiancante peregrinare trovano lavoro alla Hacienda de Nuestra Señora de la Purísima Concepción. Il secondo fuoco su cui ruota tutta la struttura ellittica di Cavalli selvaggi. Lì, John Grady Cole si innamora di Alexandra, figlia del proprietario, Don Héctor Rocha y Villareal, una passione osteggiata dalla prozia (nonché madrina) Dueña Alfonsa, una donna machiavellica il cui problema “è sempre stato quello di sapere se la forma che ci sembra di scorgere nella nostra vita è lì dall’inizio oppure se una serie di avvenimenti casuali formano un disegno solo dopo che sono accaduti. Perché altrimenti noi non siamo nulla”. Una premessa che spiega perché il suo intervento sarà inevitabile e devastante: l’ostinazione di John Grady Cole per i cavalli e per Alexandra lo porterà a sperimentare il dolore della frontiera, da una parte come dall’altra. Verrà arrestato, incarcerato, aggredito e ferito, anche se potrà sempre contare su Rawlins, che non lo tradirà mai. Sentendosi ormai “un uomo arrivato alla fine di qualcosa”, John Grady Cole cercherà l’amore e la vendetta e si ritroverà ancora di fronte a Dueña Alfonso, il vero deus ex machina di Cavalli selvaggi, che lo lascerà andare impartendogli una lezione filosofica: “Se il destino è la legge, anche il destino è soggetto a quella legge? A un certo punto non possiamo evitare di assegnare qualche responsabilità: è la nostra natura. A volte penso che siamo tutti come quell’ometto miope addetto al conio, prendiamo i tondelli vuoti dal vassoio uno alla volta, siamo tutti lì intenti al lavoro, risoluti a far sì che nemmeno il caos sfugga al nostro controllo”. Nonostante tutto, John Grady Cole non si fermerà, tornerà sul confine, e oltre, cavalcando tra panorami e uomini che, come diceva Georgia O’Keefe conoscono la bellezza, ma non conoscono la pietà. Drammatico, romantico, bellissimo.

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