lunedì 9 agosto 2010

Jack Finney

La storia è quella conosciuta attraverso le sue diverse riduzioni cinematografiche, a partire da quella classica di Don Siegel. In una smalltown della provincia americana (in una valle della California, per la precisione) una misteriosa presenza, che poi si scoprirà di origine aliena, s'impadronisce dei corpi degli abitanti. Il processo è inquietante perché come racconta Jack Finney “gli uomini, le donne e i bambini della comunità erano diventati qualcos'altro, dal primo all'ultimo. E ognuno era nostro nemico, compresi quelli che avevano le facce, gli occhi, i gesti e il modo di camminare dei nostri amici e parenti. Non c'erano alleati per noi chiusi lì dentro, e già il contagio andava diffondendosi fuori città”. Ad accorgersi di quello che sta succedendo è soltanto uno sparuto gruppo di semplici cittadini guidati da Miles Boise Bennell, un placido e discreto medico condotto. All'inizio tra mille diffidenze e altrettante precauzioni restano allibiti davanti alle forme pseudoumane che si ritrovano attorno, copie perfette di parenti, amici e conoscenti. Se le sembianze corporee sono pressoché identiche, nella loro precisione mancano di quelle imperfezioni che sono tipiche dell'umanità (“Non si può vivere una vita normale senza farsi qualche cicatrice, senza prodursi qualche segno particolare”), ma soprattutto non hanno il soffio delle emozioni, quella luce negli occhi (“L'uomo, come tutti gli animali, non sopporta una dieta prolungata di qualsiasi emozione: paura, felicità, orrore, dolore o anche appagamento”). Come si scoprirà, pagina dopo pagina, la forma aliena che sta occupando Mill Valley attraverso l'esproprio dei corpi dei suoi abitanti sta lottando per la sua stessa sopravvivenza. Una battaglia impari, sembra di capire, contro quel devastante virus, come lo chiamava William Burroughs, che è il genere umano. A distanza di cinquant'anni, i misteriosi baccelli dell’Invasione degli ultracorpi (come del resto il bellissimo Indietro nel tempo) non hanno perso un grammo della loro forza metaforica, polemica e, in ultima analisi, filosofica. Attorno a questi pericolosi ospiti da un altro universo, Jack Finney intreccia una vasta rete di temi: la vita nella provincia americana (e comunque nella provincia in genere) che non è mai facile con il suo infinito tran tran e le sue bizzarrie, la paranoia per lo straniero, le crisi d'identità quando il mondo attorno a noi cambia in modo rapido, ma impercettibile, persino una strisciante love story. Gli ingredienti così disparati ed eterogenei vengono sintetizzati da Jack Finney in un romanzo essenziale sul piano della scrittura almeno quanto efficace nel colpire l’immaginazione, come hanno poi dimostrato tutti i suoi succedanei più o meno ispirati. Molti dei quali si sono limitati ad accentuare gli aspetti visivi, confondendo la raffinatezza della storia iniziale con le esigenze spettacolari, ma l’aspetto fantascientifico, per quanto importante, è relativo: sottile, profondo, suggestivo, L'invasione degli ultracorpi è un vero e proprio classico moderno.

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