martedì 25 maggio 2010

Thomas Pynchon

La linea Mason-Dixon corre tra la Pennsylvania e il Maryland, alla latitudine nord di 39° 43' 19.11". Gran parte del tracciato è stato realizzato tra il 1763 e 1767 da Charles Mason e Jeremiah Dixon, due astronomi inglesi incaricati di marcare il confine tra le due colonie per sedarne le continue dispute di frontiera. In seguito la linea Mason-Dixon è diventata il sinonimo della divisione tra gli stati dell'Unione e quelli Confederati, ovvero tra Nord e Sud. E' proprio a ridosso di essa che si sono svolte alcune delle più cruente battaglie della guerra civile americana, ivi compreso l'epico e risolutivo scontro di Gettysburg. Da allora, la linea Mason-Dixon si è saldamente ancorata nell'immaginario americano: secondo una teoria linguistica sarebbe persino alla base del termine dixie, ben noto a chi legge queste pagine. Un vero e proprio simbolo americano, e sarebbe già stata un'impresa biblica ricostruirne la storia per esteso. Thomas Pynchon è andato oltre: ha riletto le vite di Charles Mason e Jeremiah Dixon, i viaggi, le passioni, le ossessioni, gli eccessi ricostruendo, secondo prospettive del tutto sbilenche, l'atmosfera in cui è sorta la linea Mason-Dixon. Come già negli altri suoi romanzi (ovvero L'incanto del lotto 49, V., L'arcobaleno della gravità e Vineland, il più rock'n'roll di tutti) gli eventi storicamente provati o provabili sono soltanto la rete di salvataggio per una scrittura caleidoscopica che in Mason & Dixon prevede anatre meccaniche, orologi che parlano da soli, strani complotti religiosi e/o scientifici, dotte dissertazioni per capire se è meglio il vino o la birra, George Washington che offre canapa indiana da fumare ai reali astronomi e una serie di voluti anacronismi nei versi delle canzoni di Tin Pan Alley, folk e country & western che punteggiano la vita sociale di dozzine di personaggi. Questa "Babilonia d'America", come viene chiamata in Mason & Dixon, è tenuta insieme dal ritmo caustico, divertente e serrato di una parlata settecentesca che è il primo e fortissimo elemento distintivo del romanzo. E' difficile intuire se effettivamente si parlava così tre secoli fa: di sicuro, nelle mani di Thomas Pynchon le contrazioni dialettali, certe usanze formali e una miriade di vocaboli impossibili (e complimenti davvero al traduttore, Massimo Bocchiola) diventano l'essenza stessa di Mason & Dixon perché, con l'atmosfera che creano, lo redono un mondo credibile (per quanto fallibile). Poi c'è "un'entità che s'autonomina America" che "sta prendendo forma" e Thomas Pynchon gli lascia intorno molti puntini di sospensione, come se il lettore dovesse capire qualcosa che il romanzo può solo suggerire: delle tante linee tracciate per definire il futuro di un paese ancora in embrione, la Mason-Dixon era una ferita carica di presagi. Rispetto ad altri segnali convenzionali (come la Proclamation Line, che stabiliva il confine con le riserve indiane) attraversava i territori in senso orizzontale ed identificava una frontiera tutta interna, intestina. Narrando la storia dei suoi progenitori, Thomas Pynchon svela uno dei paradossi su cui è fondata l'idea stessa di America e se Mason & Dixon non è la fantomatica great american novel, il grande romanzo americano che ogni scrittore sogna ad occhi aperti e chiusi, sicuramente è un fantastico viaggio nel tempo e attraverso le frontiere. Una possibilità che ormai è offerta soltanto dalla musica e dalla scrittura ai massimi livelli, come la narrativa di Thomas Pynchon.

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