martedì 26 aprile 2011

Delmore Schwartz

Ricostruendo nei dettagli dei suoi racconti la vita della borghesia di New York, Delmore Schwartz ricostruisce il profilo ideale di un “uomo contemporaneo soggetto ai profondi disordini e ai conflitti della vita moderna”. I piccoli contrattempi della vita secondo Delmore Schwartz sono epifanie improvvise e perentorie (“E così, per la prima volta, si rese conto di quanto stretto fosse il legame che lo univa a quella gente. Il suo distacco era un fatto, certo, e tuttavia esisteva anche un'unità infrangibile. Come l’aria era piena delle invisibili voci della radio, così la vita che respirava era piena di quelle vite e degli anni in cui avevano agito e sofferto”) o intense riflessioni crepuscolari (“Nessuno di noi preferirebbe che la vita cessasse con l’infanzia o la fanciullezza, nessuno preferirebbe non aver vissuto tutti gli anni che ha vissuto. E se questo è vero del passato, è probabile che sia vero anche del futuro”). E’ tra questi estremi che la scrittura diventa una zona protetta, forse l’unico spazio con margini di sicurezza verso la realtà: “Il silenzio del foglio bianco è il mio luogo eterno. Non c’è altro per me. Tutto il resto esiste per il piacere di questa attività. Quando non riesco a scrivere versi, quando in testa non ho che vuoto, allora nient’altro vale. Quando, d’altro canto, un’accecante eccitazione m’offusca la mente allora addio felicità perché in tal caso ogni fatica, speranza, illusione, tutto mi ritrovo sulle spalle, seduto qui in questa mia solitudine, circondato dal silenzio che è come la notte prima della creazione del mondo”. Tra i suoi allievi, alla Siracuse University, Delmore Schwartz ebbe Lou Reed che racconta così il suo illustre e tormentato insegnante: “All’epoca studiavo con Delmore Schwartz. Lui odiava ogni genere di musica in cui ci fossero le parole. Pensava fosse tutta merda. Ecco, non direi mai che lui fosse il tipo di persona in grado di capire il genere di musica che mi interessava, ma aveva posto una questione rilevante. Considero Nei sogni cominciano le responsabilità uno dei migliori racconti di tutti i tempi. Linguaggio semplice, cinque pagine, la cosa più sconvolgente che ho letto fino a oggi. E’ una roba incredibile. Pensa, riuscire a scrivere una cosa del genere ma con un linguaggio semplice, accessibile a tutti. Ti manda fuori di testa. Una bomba”. Lo si può provare di persona leggendo i racconti di Il mondo è un matrimonio. Per inoltrarsi nelle pagine di Delmore Schwartz, scrittore e poeta ammiratissimo (Saul Bellow lo scelse come protagonista de Il dono di Humboldt), ma anche votato all’autodistruzione, è sufficiente l’incipit, un inizio che ha il tono del vero e proprio capolavoro: “In questa nostra vita non ci sono inizi ma solo partenze definite inizi, avvolte nelle formali emozioni ritenute proprie e tuttavia spesso forzate. Oscuramente ogni istante nasce dalla vita che si è vissuta e che non muore, perché ogni avvenimento vive per sempre nella mente assorta, in attesa di rinnovarsi”. Da non perdere.

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