lunedì 21 agosto 2017

Saul Bellow

Clara Velde e Ithiel (Teddy) Regler sono i protagonisti di un “rapporto completo, incantevole che è anche un disastro”. Originaria del Midwest, di cui ha mantenuto una certa rude praticità, lei è una donna indipendente e volitiva, manager del patinato mondo della moda, che ha cambiato più volte marito (l’ultimo, perenne candidato in campagna elettorale, particolarmente assente), con tre figlie da crescere nella tela urticante di NYC. Teddy Ithiel è un “enfant prodige della strategia nucleare”, un consulente del governo sempre in viaggio custode di “tutti quei fatti proibiti” che costituiscono il vocabolario della diplomazia e delle strategie geopolitiche. Prendendo spunto da Thomas Hardy, si rinominano “la coppia umana”, definizione che celebra e sublima una forma ideale di rapporto, un legame fortissimo che non di meno, nel corso degli anni è rimasto platonico. Avrebbe dovuto trasformarsi in un fidanzamento, e da lì in poi in un'unica entità, solo che di quel momento è rimasto giusto l'anello con smeraldo attorno a cui ruota La sparizione. In effetti le sue (due) scomparse sono i cardini del breve romanzo di Saul Bellow perché, scoperchiando l’ossessione di Clara per l’oggetto in sé, che nello stesso tempo è una storia contigua e parallela, rivela per gradi, sempre più in profondità, “il consorzio umano” che la circonda. Gli uomini appartengono a una dimensione in gran parte estranea (e fallimentare) dove “l’inerzia equivale alla stabilità” e il paradosso della composizione del legame con Teddy Ithiel è stabilita dalla certezza che “le supposizioni che azzardiamo sui nostri motivi reconditi sono così circostanziate, il nostro concetto dell’universo e delle sue forze così falsato, che più analizziamo, più danni facciamo”. Questo riflesso condizionato porta Clara a costituire il vertice di un triangolo di personaggi femminili di notevole efficacia, composto alla base da Laura Wong e Gina Wegman. La prima è un’amica con cui Clara si confida con assiduità in ossequio al fatto che “puoi sempre scoprire un rimedio, puoi trovarti da solo la tua panacea quando ne hai bisogno, puoi costruirti una soluzione. L’America è generosa sotto questo aspetto. L’aria è satura di suggerimenti costruttivi”. L’ironia, va da sé, è compresa nel prezzo. Gina Wegman, invece, è la baby sitter delle figlie: europea, bella, elegante, composta, adeguata al ruolo. Una presenza che diventerà fondamentale nella seconda parte del romanzo, quando l’anello sparirà di nuovo, dopo un primo, maldestro smarrimento da parte di Clara. Qualche dettaglio della trama va omesso perché Saul Bellow ama sorprendere e ci arriva con una raffinata disinvoltura che sovrappone diversi toni e piani, alternando l’aura crepuscolare e minacciosa alla fine del ventesimo secolo (La sparizione è del 1989) alla frenesia quotidiana di New York e incastrando, frase dopo frase, le diverse identità che sembrano prendere forma soltanto specchiandosi l’una dentro l’altra. Diceva Saul Bellow: “Nel corso della mia vita ho seriamente ponderato certi problemi, ma sono ormai nella condizione di chi può usare queste meditazioni come retroterra per il racconto, senza farle entrare troppo esplicitamente nella narrazione. Ho già pensato abbastanza. Ora voglio solo raccontare”. Con La sparizione mantiene la promessa, senza sforzi, senza sprecare una parola e con molti angoli da scoprire e riscoprire, come si conviene a ogni classico che si rispetti.

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