giovedì 26 maggio 2016

Sam Shepard

Le tre pièce raccolte in Scene americane valgono come campionario significativo della drammaturgia di Sam Shepard. Un lavoro che gli ha fruttato riconoscimenti ed elogi, ma che è arrivato più per inerzia che per ambizione: “Non voglio fare il drammaturgo voglio diventare una rock star. Mi sono messo a scrivere drammi perché non avevo nient’altro da fare”. Si capisce perché proprio Rock Star, prima di tutto, un ibrido in cui confluiscono le dinamiche delle rock’n’roll band e delle gang, sia espressa con ogni riguardo possibile verso lo stile, il linguaggio, la forma, eppure attraverso un istinto verbale quasi primordiale. Non è difficile immaginare, anche grazie alle sottili indicazioni di Sam Shepard, Lou Reed nel personaggio di Hoss e Keith Richards in quello di Corvo. I dialoghi, taglienti come un coltello a serramanico, citano Ma Rainey, Blind Lemon Jefferson, Skip James, Happy Jack, Heroin, Sister Morphine e, in effetti, l’atmosfera è la stessa sporca, grezza e decadente di Sticky Fingers. Una gang sull’orlo della dissoluzione che sta rivolgendo contro se stessa tutti gli impulsi più aggressivi, una rock’n’roll band in preda al diciannovesimo esaurimento nervoso, a partire dal batterista che è sempre l’epicentro dei problemi, come spiega Corvo: “Ti verrà. Devi esercitarti, come un musicista. Non impari tutto in una lezione sola. Adesso prova la camminata. Muoviti un po’ come un drummer, amico. Ginger Baker è passato. Prova Danny Richmond, Sonny Murray, Tony Williams. Uno di quei fighi. un po’ più jazz. Prova con Mongo Santamaria, quello è uno che ti mette il fuoco al culo”. Nella narrativa di Sam Shepard non c’è niente di più importante del fallimento, come direbbe l’amico e collega Bob Dylan, e in Rock Star è persino una premonizione per Hoss: “Sono tempi difficili. Una mossa falsa e ti ritrovi indietro di un anno o più. Non te lo puoi permettere. I grafici si muovono troppo in fretta. Ogni settimana c’è una nuova stella. E tu non vuoi essere un coglione qualunque. Tu vuoi qualcosa di solido, qualcosa che duri”. Il destino è segnato, e non è facile, la vita della Rock Star, come spiega Corvo a Hoss: “Così tu vuoi essere un rocker. Studia le mosse. Jerry Lee Lewis. Comprati delle scarpe di camoscio blu. Muovi la testa come Rod Stewart. Dai via il culo. Fagli male, raddrizza la tua immagine. Raddrizza la tua immagine, ragazzo. La rima di fantasia. E’ dappertutto e non puoi comprare il tempo. Non puoi comprare il bebop. Non puoi comprare niente. Sei giù di fantasia e non hai un posto dove nasconderti”. Le possibilità non sono infinite e Sam Shepard è concentrato su quel punto di non ritorno, quando la sconfitta, il disastro, il nulla, è più di un’opzione. Il confine è invisibile, l’alternativa resta il movimento, il rosario di motel e stazioni di servizio, di rottami e rovine: le Scene americane sono terre desolate, e qualcuno che resta al volante perché non sa più dove andare. L’ammissione è più che esplicita in Il bambino sepolto: “Guidavo tutta la giornata certe volte. Nel deserto. Lontano lontano nel deserto. Guidavo oltrepassando città. Dappertutto. Oltrepassando palme. Lampi. Qualsiasi cosa. Guidavo e passavo oltre. Guidavo oltrepassando tutto e mi fermavo e mi guardavo in giro e riprendevo a guidare. Vorrei ancora guidare! Mi piaceva guidare. Non c’era niente che mi piacesse di più. Niente di quel che sognavo era meglio che guidare”. Il deserto, dove le strade svaniscono, non è soltanto la metafora del disorientamento: per Sam Shepard è lo specchio della solitudine, e della fatica di essere ed essere lì in quel posto, anche solo di comprenderne il perché. E’ il tema che diventerà di Paris, Texas ed è anche l’ammissione di un modo di sceneggiare, drastico e risoluto, spiegato dalle parole di Lee, il protagonista di Vero West: “Tu mi scrivi questa sceneggiatura così come te la dico io. Cioè, puoi usare tutti i tuoi trucchi e la roba che sai. Il tuo bel linguaggio, il tuo abracadabra artistico. Ma devi descrivere tutto come te lo dico io. Ogni mossa. Tutte le volte che finiscono la benzina, finiscono la benzina. Tutte le volte che vogliono saltare sul cavallo, ci saltano. Se vogliono restare in Texas, ci restano”. Non bastasse, aggiunge, a scanso di equivoci: “Qui noi facciamo il cinema, il cinema americano. I film li lasciamo fare ai francesi”. Anche se è solo una battuta teatrale, la differenza è tutta lì.

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