martedì 9 giugno 2015

Allan Gurganus

Quando Jerry, che non ha ancora vent'anni dopo la seconda guerra mondiale, scende nei quartieri dall'altra parte della ferrovia di Falls, North Carolina a vendere improbabili polizze sa soltanto quello che gli ha detto il suo principale, Sam: Sam il principale: “Se solo sentono la puzza di un cuore che batte nel tuo petto, hai chiuso”. Beata rassicurazione, il primo dei tre racconti assemblati in Piccoli eroi, potrebbe finire lì, perché Allan Gurganus ha il pregio di conoscere il gergo, lo slang, il linguaggio e la rara abilità di costringerlo a rispondere alle esigenze e ai limiti della scrittura. Affrontando persino con una certa leggerezza, e comunque sempre con disinvolta eleganza anche i punti di domanda più ostici. Il dilemma di Jerry, che si pagherà l'università andando a scovare gli altrui risparmi nascosti nei pertugi più segreti, mantiene la tensione altissima, mentre Beata rassicurazione si avvita come una spirale, togliendo il respiro, anche allo stesso protagonista: “La strada si faceva sempre più stretta e più gialla quando parcheggiai in aperta campagna. Un'allodola stava in equilibrio su una canna di fiume andata in semenza. E all'improvviso ricordai come respirare. La gratitudine. Rimasi in macchina annaspando come un tuffatore che abbia appena ritrovato, per caso, la superficie, la vita”. Dietro la curva c'è l'altro aspetto del lavoro di Jerry perché, a saldo della sua ambivalenza, Allan Gurganus sottolinea come “tutti si aspettano alcune cose certe, una piccola, beata rassicurazione. Ti vuoi sentire coperto”. Verissimo: in Beata rassicurazione, Allan Gurganus scrive qualcosa che va oltre le dimensioni del racconto. E' proprio un piccolo e breve romanzo (sono ottanta pagine in tutto) che da solo reggerebbe il peso di un libro. La storia, con i suoi fragili e complessi risvolti psicologici, è autosufficiente e concreta nel suo rivelarsi Un apologo morale, concentrato, in fondo, sul paradigma che “quando ci sono di mezzo i soldi, siamo tutti primitivi”. Basterebbe quello, in effetti, a dare un senso ai Piccoli eroi. L'empatia per la povertà e la miseria di Beata rassicurazione si trasmette quasi per osmosi al protagonista di Uno di quelli, vittima (come è chiaro fin dal titolo) di un'altra forma di emarginazione, quella sessuale ed esplicitamente omofoba. Uno di quelli è una storia dolente che si muove su una linea altalenante, disseminando molti dubbi sull'humus di ipocrisia e di indifferenza (e di provincialismo) in cui maturano le discriminazioni più subdole e Allan Gurganus sceglie un punto di vista particolare, sciogliendo molti nodi con grazia ed equilibrio. La coda finale del trittico è il racconto dedicato al padre, un reduce ammutolito dalle sue missioni, nell'assidua e infruttuosa ricerca di un dialogo. Eroismo minore (qualcosa su mio padre), è poco più di un frammento che, oltre a sottolineare i risvolti drammatici dell'incomunicabilità, uno dei temi ricorrenti nella narrativa di Allan Gurganus, ha l'onore, non indifferente, di chiudere Piccoli eroi con una dedica a William Maxwell, così come l'aveva cominciato con quella a Grace Paley.

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