martedì 18 novembre 2014

Raymond Carver

Pubblicati nel 2000, gli ultimi racconti di Raymond Carver non sono legati al suo crepuscolo, anche perché nell’ultimo periodo della sua vita, come è noto, più che alla narrativa, si è dedicato alla poesia che riteneva “una grande benedizione”. Pur provenendo da periodi molto diversi, e si va dai primi passi di Raymond Carver fino alla forma ottenuta con infinite revisioni, si ha la sensazione che i racconti Se hai bisogno, chiama siano collegati da un sottile filo conduttore. E’ senza dubbio frutto dell’accurato lavoro di lettura, correzione e assemblaggio di Tess Gallagher e Jay Woodruff, che li hanno scoperti e poi trattati con la necessaria esperienza e la giusta discrezione, ma è soprattutto l’effetto di Carver e dei suoi personaggi, con cui viene spontaneo identificarsi in modo viscerale. E’ proprio quello che succede quando si incontrano lui e le sue legioni di outsider, così come lo spiega Tess Gallagher, dato che nei racconti le vite dei protagonisti “sono talmente depredate dalle circostanze da diventare nostre”. La spiegazione è più che pertinente, e se questi “short cuts” raccolti in Se hai bisogno, chiama, non sono proprio indispensabili, perché non aggiungono nulla di così nuovo ed eclatante alla conoscenza dell’opera carveriana, sono comunque una valido compendio per completarne la conoscenza. Legna da ardere, giusto per andare in ordine, è una storia rarefatta e ombrosa in cui i tre personaggi, Myers, Sol e Bonnie, sembrano specchiarsi uno dell’altro condividendo una modesta abitazione vicino all’acqua. Un particolare ricorrente, e non è l’unico: Carver dissemina (sempre) minuscoli indizi, piccole esche funzionali al meccanismo narrativo, senza malizia, senza artificio. Non c’è nessun trucco, questo si sa, solo piccoli semi sparsi per ricordare il sentiero, la strada del ritorno verso casa, magari con “qualche incidente di percorso”, il più delle volte l’alcol o un legame spezzato, che porta in direzioni impreviste e sconosciute. Lo schema di Legna da ardere è riproposto da Vandali però con una doppia coppia, più un convitato di pietra che sfugge al ricordo. L’incendio è soltanto una leggera distrazione per illuminare il resto del racconto. Diverso è invece lo straziante rogo di Sogni, che mette a dura prova lo scrittore e il lettore, tanto che la soluzione  sembra essere soltanto una. Come scriveva Raymond Carver: “Mettilo nel tuo libro”, ed ecco fatto, come se il racconto in sé fosse in grado di preservare i Sogni (appunto) e circoscrivere il dolore. Un’arte, a cui servono pochi passaggi essenziali. E’ la distribuzione dei dettagli in Cosa vi piacerebbe vedere?, il ronzio del generatore e quello del proiettore, piccole forme di attrazione, per segnalare che “a volte le cose vanno per il verso giusto”. E’ la voce nella constatazione di Se hai bisogno, chiama: “A distanza di tempo sembra tutto così volgare e prevedibile, forse perché lo era, volgare e prevedibile, ma quella primavera era quello che era e basta, e ci stava consumando tutte le energie e la concentrazione, a scapito di tutto il resto”. E’ Carver al 100%.

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