martedì 21 ottobre 2014

Lewis Shiner

Il circondario delle Desolate città del cuore è un ambiente molto suggestivo perché è un romanzo hendrixiano, avvolto in una nebbia magica e psichedelica,  ma nello stesso tempo è anche incollato a particolari molto realistici. I riti ancestrali e tribali, i viaggi archeologici e i trip allucinogeni si specchiano e si scontrano con le vicende della guerriglia messicana e l’arrivo dei mercenari americani, che somigliano parecchio ai contras in azione in quegli anni. Siamo nel 1986, in piena era Reagan e nella giungla messicana in mezzo a una guerra dai contorni indefiniti perché “con i fucili tutte le idee sono uguali”. Le due forme di narrazione adottate da Lewis Shiner, quella più visionaria e onirica e quella più attinente alla cronaca, si accavallano seguendo un andamento sinusoidale. Le Desolate città del cuore prendono forma così, con il sovrapporsi di diversi tempi e realtà, il formarsi di strati che scivolano uno sopra l’altro si intravede nel racconto di Lewis Shiner, ma se si percepisce il movimento di un terremoto (e qui ce ne sono dall’inizio alla fine) non è detto che sia chiaro il disegno generale o la geografia in particolare. L’incastro triangolare tra Thomas e Eddie Yates e Lindsey, i tre protagonisti, non è ben focalizzato ed è evidente, se persino Lewis Shiner si sente in dovere di precisare che “c’era molta storia tra loro, molta tensione, c’erano molte possibilità”. Forse troppe: dei fratelli Yates, Thomas, è quello più solido, esperto, conoscitore della civiltà maya, mentre Eddie, il chitarrista scapestrato con il pallino delle esplorazioni caleidoscopiche è sempre in cerca di guai. Le ricerche del primo si scontrano con i viaggi del secondo e con il carattere volubile di Lindsey. Tutti e tre poi si ritrovano nel gorgo confuso degli eventi, celebrazioni mistiche e feroci combattimenti. Quasi a bilanciare l’eccesso di movimento, per il corollario ai personaggi principali Lewis Shiner attinge ai cliché e quindi c’è il cinico ufficiale americano, (Marsalis), l’antieroe con la sua scorta di dignità, (Oscar, il pilota dell’elicottero), la ribelle fino alla morte (Carla), per non dire poi dei maya che, insieme a Hendrix, contribuiscono a spostare i cardini delle porte della percezione. Il legame hendrixiano con la fantascienza è noto: Lewis Shiner lo espande, aggiungendogli una punta di esotica avventura e una diversione politica che, tra le righe, sembra essere il segnale più convinto. L’indeterminatezza dipende dal fatto che Desolate città del cuore, pur tenendo conto di alcune incoerenze e prendendo atto che non ha particolari ambizioni stilistiche, è un piacevole racconto che si sporge quel tanto che basta nel fantastico ma, nella sua essenza piuttosto rocambolesca, pare rimanere indefinito. Come se Lewis Shiner, a furia di aggiungere ingredienti su ingredienti, e tutti piuttosto saporiti, alla fine si sia lasciato prendere la mano, rimanendo imprigionato, come i suoi personaggi, nell’intricata mappa delle Desolate città del cuore.

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