sabato 1 febbraio 2014

Russell Banks

Bob Dubois ha un’innata predisposizione da loser: non c’è una mossa sbagliata che non riesce a evitare per arroganza, per incapacità, per frustrazione, perché segue più il suo uccello del suo cervello. Aggiusta caldaie nel New Hampshire fino a quando non trascina la moglie e la famiglia in Florida, dal fratello Eddie, in cerca di una versione più scintillante del sogno americano. In realtà Bob Dubois fugge dal gelo, dalla monotonia della provincia, dove “niente sembra migliore rispetto a ieri”, dai suoi piccoli sotterfugi. Non può scappare da se stesso e la sua vita è proprio una ben misera Atlantide, destinata ad essere spazzata via dagli eventi, “così lontano dalle cose vere” perché sempre votata ad altre soluzioni: ipotetiche, fantastiche, un tiro di dadi, un colpo di fortuna. Vanise Dorsinville (con il figlio e un nipote) invece si è lascia alle spalle Haiti, spinta dal naturale e spontaneo istinto per la sopravvivenza. La deriva dei continenti è un’anomala ellisse in cui Bob Dubois e Vanise Dorsinville sono i fuochi: attorno a loro si sviluppa un coro tragico dove nessuno è innocente e tutti hanno qualcosa da nascondere. Quando Bob Dubois assume l’incarico di guidare una barca per recuperare i migranti di Haiti, la distanza tra i due fuochi si azzera e l’ellisse si schianta con una violenza inaudita. La deriva dei continenti di Russell Banks si incrocia nell’incognita dell’oceano Atlantico, dove le rotte delle migrazioni di Bob Dubois (per noia e per assuefazione) e Vanise (per fame e per disperazione) si intersecano in un destino fatale. Ci vogliono le parole del Nobel dei Caraibi, Derek Walcott, per capire il senso e il peso del dramma: “Certe cose non le scegliamo noi, ma siamo quello che abbiamo fatto. Soffriamo, gli anni passano, lasciamo tante cose per via, fuorché il bisogno di fardelli. L’amore è una pietra che si è posata sul fondo del mare sotto acqua grigia”. La rappresentazione poetica racchiude in poche righe tutta La deriva dei continenti: quando due disperazioni si incrociano, la tragedia è inevitabile e Bob Dubois trova la sua nemesi, spietata, senza appello. Anche nel suo florilegio stilistico, Russell Banks non concede nulla ai protagonisti del suo portentoso affresco “perché hanno fatto una cosa tremenda e spaventosa: hanno barattato una vita per un’altra e questa nuova vita è adesso l’unica che hanno”. Le rotte tracciano due punti di domanda che si riflettono e s’intrecciano e che nelle loro scie si portano dietro miti, leggende e costruzioni. Per Bob Dubois sono tutti gli orpelli americani, la birra, le sigarette, la televisione, i conti da pagare. A Vanise Dorsinville basta il voodoo, ”lunghi richiami tremanti, vecchi quanto il desiderio della specie umana di segnalare la propria presenza, vecchi quanto la solitudine e la paura”. In mezzo c’è l’oceano, la notte, l’oscurità, un’odissea nelle tenebre in cui le due metà collidono senza incontrarsi: La deriva dei continenti e quella degli esseri umani è proprio così. Un capolavoro, con l’aggiunta di un titolo perfetto.

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