venerdì 27 dicembre 2013

Frank Norris

Nel Kansas alla fine del diciannovesimo secolo, Una speculazione sul grano svela in un racconto essenziale di poche dozzine di pagine l’essenza e la consistenza del cosiddetto, onnipresente mercato. A cui Frank Norris dedicò una trilogia di racconti, rimasta purtroppo incompleta, anche se in fondo basta il micidialie meccanismo a incastri di Una speculazione sul grano per comprenderne la portata. Come scriveva John James Ingalls, citato da William Least Heat-Moon in Prateria, “Il Kansas è stato il prologo di una tragedia che non ha ancora l’epilogo, è stato il preludio a una fuga di battaglie di cui non s’è ancora spenta la risonanza”. Il ribasso del prezzo del grano a sessantadue centesimi per staio (circa un terzo di quintale) è una calamità. A Sam ed Emma Lewiston, pionieri e agricoltori, costa un dollaro a staio produrlo e non rimane che andarsene verso Chicago in cerca di altre opportunità. Per loro la matematica è impietosa, per il mercato è un optional ed ecco che la cifra discriminante sale a uno e dieci, uno e mezzo e uno a settantacinque fino alla mossa finale dei due dollari per staio. Una speculazione da manuale: l’escalation del prezzo del grano non è collegata ad alcuna logica produttiva o economica, all’offerta o al consumo e non è il risultato di una politica industriale o delle leggi della concorrenza. E’ solo frutto di quell’imperativo, “sostenere il mercato”, che è tutt’altro che ambiguo perché come scriverà John Maynard Keynes qualche anno dopo Frank Norris: “Gli speculatori possono essere innocui se sono delle bolle sopra un flusso regolare di intraprese economiche; ma la situazione è seria se le imprese diventano una bolla sospesa sopra un vortice di speculazioni. Quando l’accumulazione di capitale di un paese diventa il sottoprodotto delle attività di un casinò, è probabile che le cose vadano male”. Horhung e Truslow, i due finanzieri che combattono in Una speculazione sul grano, potrebbero persino essere soci: un giorno va bene a uno e un giorno all’altro, ma a loro, ai mercanti nel tempio, va sempre bene. Il rialzo e il ribasso nella logica del mercato sono soltanto artifizi strumentali. Gli aumenti, le trattative, le sfumature economiche sono piccoli abbagli, conditi dal gusto per il gioco d’azzardo, per nascondere il vero scopo di quel mistero chiamato mercato, che è vincere sempre. Il mercato è l’inganno e quando lo sconfitto di turno se ne accorge non fa altro che riderci sopra: è il rischio del mestiere (sarà per la prossima volta). Gli sconfitti sono sempre gli altri e il titolo del racconto di Frank Norris contiene già nella sua etimologia latina la chiave di volta della storia. Con il grano a sessantadue centesimi almeno il pane lo regalavano ai diseredati, ma con il rialzo a due dollari anche quella spontanea e provvisoria forma di welfare viene a mancare e Sam Lewiston si ritrova a fare La fila per il pane, come è chiamato l’emblematico paragrafo conclusivo di Una speculazione sul grano che ancora oggi, nella sua drammatica attualità, è una perfetta definizione di cos’è davvero il mercato.

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