domenica 30 dicembre 2012

Greil Marcus

Nel ricostruire un’identità credibile della musica folk americana attraverso i Basement Tapes di Bob Dylan, Greil Marcus traccia anche un ritratto avvincente di una nazione, quella repubblica invisibile che soltanto le canzoni, i songwriter e gli storyteller sanno raccontare. O come meglio spiega lo stesso Greil Marcus all’inizio di La repubblica invisibile: “un’America aperta alla domanda di chi e che cosa gli americani sarebbero potuti diventare e non da chi e che cosa provenivano. I meccanismi del tempo, nella musica, non sono consolanti. In quella cantina il passato è vivo nella misura in cui il futuro è aperto, e ciò accade solo quando si è portati a credere che il paese sia incompleto o addirittura ancora da fare: quando il futuro è precluso, il passato è morto. Ancora più misterioso è il modo in cui il futuro dipende dal passato”. Non è soltanto l'ambito di un disco fondamentale per il rock'n'roll, The Basement Tapes, quello che scandaglia Greil Marcus, ma tutto il background culturale ed umano che gli sta dietro, davanti, sopra e sotto. E’ l’America stessa, o quello che scorre nelle sue vene, per dirla con William Carlos Williams, la protagonista in La repubblica invisibile, un mondo che solo Bob Dylan poteva portare alla luce con The Basement Tapes e che forse soltanto Greil Marcus poteva cogliere così bene. In uno degli anni più caotici che la recente storia dell'umanità ricordi, il 1967, Bob Dylan e cioè il cantante, il profeta, il simbolo di un’intera generazione, e poi di molte altre negli anni a venire, la voce della protesta, il poeta per eccellenza e così via, si ritira tra i boschi di Woodstock e con gli Hawks (che poi diventeranno la Band) passa le giornate a suonare in cantina. Atmosfera surreale, felliniana, caotica e scelta in gran parte incomprensibile, ma con una sua logica, come scrive Greil Marcus nell’epilogo di La repubblica invisibile: “Quando Dylan, Robbie Robertson, Garth Hudson, Richard Manuel, Rick Danko e Levon Helm sparirono dalla faccia del pianeta pop, divenne ancora una volta chiaro come, a volte, è solo la maschera della distanza, dello scomparire, che ti consente di parlare, che di dà la libertà di dire ciò che pensi senza dover immediatamente mettere in gioco la tua vita a ogni tua parola”. In quel luogo e in quello spazio temporale, Bob Dylan e la Band suonarono ogni sorta di canzone: l’enorme bagaglio della musica popolare americana venne rivisitato in un sorta di caotico laboratorio, con Bob Dylan in versione di catalizzatore. Attraverso i Basement Tapes, Greil Marcus ha tracciato una mappa di quella repubblica invisibile che è l’America cantata. Un lavoro che offre uno spettro minuzioso, quasi ossessivo, ad un campo di indagine di proporzioni immani: tutte le radici della musica popolare americana, i suoi caratteri, le sue storie, i suoi personaggi vengono ricostruiti sotto la lente di ingrandimento di Greil Marcus che riesce nello scopo di rendere avvincente un frammento di storia limitato nel tempo (cioè i Basement Tapes) ma esteso all’infinito (o quasi) nella memoria. 

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