mercoledì 16 novembre 2011

Francis Scott Fitzgerald

Il decennio perduto è come un cristallo grezzo in cui si riflettono, deformandosi, gli “ultimi fuochi” autobiografici di F. S. Fitzgerald. Giunto ormai al capolinea, sono proprio i suoi, quei dieci anni che si sgretolano nel crepuscolo, per F. S. Fitzgerald “sono sempre le tre del mattino, un giorno dopo l’altro”: l’ispirazione gli scivola tra le mani, ormai inafferrabile; i rimpianti per i tempi brillanti, ruggenti e sensazionali sono ombre che lo circondano; il dolore per il talento e le risorse dissipati si attorcigliano all’abuso dell’alcol (suo) e alla malattia (di Zelda). Dato che “non esistono secondi atti nella vita degli americani” F. S. Fitzgerald si aggrappa ancora alla scrittura, non solo nel disperato tentativo di dare una logica ai suoi incredibili bilanci economici, ma anche “cercando di separare il reale dall’irreale, o almeno di non perdere la testa”. Un romanzo era al di là delle sue possibilità (per quanto pubblicato postumo Gli ultimi fuochi rimarrà incompleto) e l’unica alternativa concreta saranno quelle short stories raccolte da Il decennio perduto. Già il triangolo scaleno di Pazza domenica mette in scena un personaggio, Joel Coles, che sembra un doppelgänger dello stesso F. S. Fitzgerald. Invitato da Miles Calman, “l’unico regista nei teatri di posa a non lavorare sotto un supervisore e a dover rispondere solamente ai propri finanziatori”, a un party domenicale nella sua dimora di Beverly Hills, Joel Coles pensa sia la sua grande occasione, o meglio “un tributo che gli veniva fatto in quanto giovane ricco di promesse”. Invece, una volta al cospetto di Stella Walker, ovvero la moglie di Miles Calman, si ritrova invischiato in una terribile diatriba, dagli angusti risvolti psicologici, che sta dilaniando la coppia. La situazione è ritratta in modo impeccabile da una frase esemplare di F. S. Fitzgerald: “Nulla era impossibile, tutto era solo all’inizio. Si versò nuovamente da bere”. L’alcol è un velato protagonista anche in Finanziando Finnegan, forse un ironico autoritratto in cui uno scrittore spreca tutti i conti dei suoi agenti e dei suoi editori, ed è, in tutta evidenza, l’elemento portante di Un caso di alcolismo, un racconto che maturato nel corso di un ricovero di F. S. Fitzgerald. E’ uno degli ultimi tentativi di ispirarsi alla realtà, come dirà lo stesso scrittore: “Ero stato profondamente scosso dalla paura, dall’apprensione, dalla preoccupazione, dall’impazienza; ogni senso era acuito, e questo è il modo migliore di raccogliere spunti per un racconto”. Il decennio perduto è questo e come Cole Porter “tornò negli Stati Uniti nel 1928 perché ritenne che ci fossero nuovi ritmi in circolazione”, anche F. S. Fitzgerald provò a recuperare il tempo perso, anche se sapeva che sarebbe stato impossibile, perché come scriveva in un lettera prima poco di andarsene “quel poco che ho combinato, l’ho fatto al prezzo del lavoro più difficile e faticoso, e vorrei, adesso, non essermi mai fermato o guardato indietro”. Resterà bello e dannato, per sempre.

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