martedì 5 aprile 2011

Jerome Charyn

Jerome Charyn è uno dei pochi scrittori che hanno raccontato New York come l’ha cantata Lou Reed e come l’ha vissuta Miles Davis. Una sorta di mondo superiore, una Metropolis dove silenzio e rumore sono estremi che si dividono la vita quotidiana della città, un territorio dove tutto è possibile. I suoi romanzi sono costantemente ambientati della Big Apple, come se non ci fosse altro possibile scenario. Una città dove ogni giorno comincia con “piccoli schizzi di inchiostro di rame venefico” e che gli offre le quinte perfette per i personaggi picareschi e per le intricate storie noir che distinguono i suoi migliori romanzi. Soltanto con Morte di un re del tango Jerome Charyn ha provato a trasferire il suo mondo misterioso e colorito nella giungla colombiana, forse coadiuvato dall’amico Paco Ignacio Taibo II a cui, per inciso, è dedicato il libro. L’autore stesso conferma l’amicizia con lo scrittore spagnolo naturalizzato messicano, ma smentisce il suo intervento a favore di una trasferta sudamericana e gli si può credere perché i personaggi di Morte di un re del tango sono tipicamente e naturalmente di Jerome Charyn. Il percorso da New York alla Colombia è tortuoso e pieno di imprevisti: è una gold rush che permette a personaggi spietati di dettare legge e a Yolanda, l’eroina di Morte di un re del tango, di sfoderare tutta la sua grinta. Nel dettaglio, Jerome Charyn spiega così la situazione: “Tutta l’America Latina stava inseguendo una sola meta. El Dorado. La sete dell’oro. Non aveva importanza che quell'oro assumesse la forma di smeraldi, di cocaina, di banane, di alberi della gomma o di piccole pepite nel rio Amacayacu. I conquistadores avevano sognato l’El Dorado e fatto sorgere tra i brividi un intero continente, una terra perduta dell'oro”. Yolanda non ha grande scelta: o segue questi traffici, con tutto ciò che comporta, o rimane nel carcere di Harrington Hills dove le Hell Sisters, una gang femminile dai propositi tutt’altro che gentili, ha messo gli occhi su di lei, con intenzioni non proprio politically correct. Dalla padella alla brace: Yolanda è aiutata ad uscire legalmente, ma il pegno che dovrà pagare la porterà in Colombia. Il suo obiettivo è cercare un alleanza con il cugino Ruben Falcone, plenipotenziario del cartello della cocaina di Medellín per intervenire a difesa della foresta colombiana. I propositi ecologisti per cui si deve battere la portano nel mezzo di una lotta intestina di cui è difficile tracciare un profilo morale. Forse non serve nemmeno: Jerome Charyn è infatti a suo agio quando scrive in quella terra di nessuno dove la giustizia è un’opinione e se la Colombia non è esattamente il Bronx certe dinamiche sono simili, se non spietatamente uguali. La nota differente è che il ballo a cui tutti sono invitati è una metafora piuttosto colorita perché, come scrive Jerome Charyn “il tango è una questione di vita e di morte. I paisas non hanno prodotto altro, all’infuori di questa danza folle”. Per lui, è l’occasione di una trasferta languida e scoppiettante.

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