martedì 15 febbraio 2011

Jim Carroll

Nella vita di Jim Carroll, Jim ha cambiato strada sposta l'attenzione su New York una decina di anni più in là dai suoi esordi letterari, in un periodo compreso tra il 1971 e il 1973. Nel suo vagabondare per New York, Jim Carroll non è più solo o con i suoi compagni di follie. E’ diventato un poeta che comincia a sfogliare le difficoltà di aggiungere un verso dopo l’altro con il pane quotidiano perché “la poesia ha un numero eccessivo di variazioni. Il signor Frost aveva ragione su un punto: ci sono sempre promesse da mantenere e variazioni su quel tema. Nel basket puoi correggere i tuoi errori direttamente e stupendamente, a mezz’aria”. Tiri liberi e canestri sono ormai un ricordo, la sua partita è diventata un’altra, dove deve imparare a districarsi tra Bob Dylan, Allen Ginsberg, Andy Warhol, i Velvet Underground. Osservatore acuto, ironico e minuzioso, di ognuno Jim Carroll coglie le nevrosi, la dolcezza, le invenzioni e le debolesse. Memorabili le descrizioni di Dylan e Sara, spietato e allucinante il ritratto di Warhol, divertentissimo (e un po’ ridicolo) l'episodio con Ginsberg, ma sarebbe sbagliato ridurre Jim ha cambiato strada a questi (pur importanti) confronti e aneddoti o a un diario bohemienne. In realtà Jim Carroll sembra più padrone del linguaggio e della scrittura di quanto non lo fosse ai tempi dei suoi esordi e se anche la narrativa è destinata ad occupare un piano secondario nelle sue attività (al primo posto c'è, da sempre, la poesia, poi arriverà il rock’n’roll), ha ormai tutti i numeri per lasciare un segno. Con una piccola confessione, nascosta tra le righe Jim ha cambiato strada, Jim Carroll svela il passo che ha dovuto compiere, proprio in quegli anni: “Il fatto è che invece di liberarmi attraverso il linguaggio, è stato il linguaggio a diventare ostaggio e la stanza dove siamo prigionieri diventa ogni giorno più piccola. Il linguaggio ha bisogno di spazio di manovra. Solo senza limiti le parole si trasformano in qualcosa che le supera”. La nuova “strada” di Jim Carroll non è poi così tanto diversa perché l’uomo viene dall’undeground e nell’undeground ci ritorna e ci rimane (magari c’è qualche ritaglio in più dedicato al sesso e qualcuno in meno per la droga), ma il poeta, lo scrittore, comincia a maturare tutta un’altra consapevolezza. Sia rispetto ai propri mezzi espressivi, ovvero far convivere i demoni e fantasmi con le necessità della scrittura, sia rispetto a una visione che, dal marciapiede comincia a sollevare il suo sguardo e dice: “Guardati intorno con calma, da tutte le parti. Ora. Il passato recente. E’ indecente pensare che i deboli di questo secolo siano stati capaci di infliggere tali e tante sofferenze per propria iniziativa. Non c’è presunzione più spudorata che quella di non ammettere che a questa partita partecipa anche un’altra mano, che serve dal mazzo prendendo da sopra, sotto e in mezzo. Siamo ben lontani dall’essere tanto evoluti da poter realizzare un caos così completo”. Un bel salto di qualità per il “ragazzo cattolico” che viveva tra basket ed eroina.

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