mercoledì 24 novembre 2010

Thomas McGuane

Per uno strano vizio del destino nell'autoradio di Frank Copenhaver, il protagonista di Solo un cielo blu, arriva sempre l'accento di Bob Dylan a guidarlo nei suoi pellegrinaggi senza senso. Una voce importante ed evocativa: una volta disse persino che non c'è nulla di più importante del fallimento e/o della sconfitta. Una frase che si può interpretare in migliaia di modi e assecondando la propria luna, ma che si addice alla perfezione alla storia raccontata da Thomas McGuane in Solo un cielo blu: la disfatta esistenziale, economica, affettiva (in una parola: totale, e su tutti i fronti) di Frank Copenhaver, già “uomo d’affari” e allevatore benestante nel Montana, si annuncia con una lunga serie di notizie imperscrutabili e a prima vista innocue e si risolve in un'altrettanto caotica odissea sottolineata dalle figure femminili (moglie, amante, figlia, segretaria) più vicine al protagonista e da altri personaggi destinati a rovinargli, nell'ordine, il conto in banca, l'appetito e la salute mentale. In tutta onestà, Frank Copenhaver se la cava egregiamente nei suoi quotidiani alti e bassi, fino a quando, praticamente nel finale di Solo un cielo blu, si scopre che il fallimento non è di sua esclusiva proprietà, ma è generalizzato all'intero genere umano. Anche perché tutto è con una perfida riflessione: “Era convinto di porsi i grandi quesiti esistenziali. Sapeva che scienziati e artisti credono di essere gli unici detentori di questo privilegio. Gli scienziati e gli artisti sono convinti che sia compito loro porre le domande che la gente comune non si fa mai, pur avendo bisogno delle risposte per vivere bene. Perché? Perché viene ovvia la risposta, la gente comune è maledettamente stupida. Questa convinzione è all’origine dell’opinione, assai diffusa tra la gente comune, che gli scienziati e gli artisti siano fanfaroni o coglioni”. Per cui, in buona compagnia, Frank Copenhaver non se la prende più del tanto (e lo ammette: “Era piacevole abdicare a tutto pensando che, al confronto dello spazio esterno, non siamo che un atomo”): va in giro con la radio a tutto volume, pesca, prova a rimettersi in carreggiata e, soprattutto, offre a Thomas McGuane (uno scrittore americano che meriterebbe ben altra riconoscenza) il modo di esprimere uno stile ineccepibile, florido ed epico nel suo equilibrio tra il dramma incombente e una comicità talmente innocente da sembrare involontaria. Provate a leggere, nei capitoli iniziali, l'episodio della sua visita a casa dei futuri suoceri, e poi non vi sarà difficile avvicinarvi a questo stralunato personaggio che ha più di un'assonanza (persino nel nome) con il Frank Bascombe di Sportswriter, Independence Day e di Lo stato delle cose. Per cui Solo un cielo blu, è caldamente consigliato a chi ama Richard Ford o Jim Harrison, ma anche Neil Young, Otis Redding, Sam Cooke, Van Morrison, i Jefferson Airplane (o Bob Dylan, va da sé), ovvero la colonna sonora di un loser che, pur non illudendosi, riesce a credere ancora in un minimo di integrità morale quale ultima, irrinunciabile frontiera.

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