venerdì 26 novembre 2010

James Agee

Il giovane Richard, adolescente portato all’introspezione, deve misurarsi con l'intenzione di vegliare tutto il venerdì di Pasqua. Il proposito nasce anche “dalla paura e dall’orrore che gli procurava la sola idea che altri, qualunque altro al mondo, potesse conoscere le assurde fantasie del suo cuore”. Nell’atmosfera di ombre e silenzi della notte, Richard si scopre a dialogare su una linea metafisica che separa maledizione e innocenza con toni tutt’altro che infantili. “Nessuna cosa ne compensa un’altra. Confessa che tu invece lo avevi creduto. Cercò d’immaginare come confessarlo. Sono caduto nel peccato d’orgoglio e in qualche altro peccato che ignoro” dice mentre si avvia ad affrontare il crepuscolo della sua ingenuità. Una specie di atto di fede che si sviluppa in tre capitoli, durante i quali Richard diviene sempre più “consapevole del proprio fallimento e della notte”. La storia funziona benissimo (e sembra di vedere le radici più antiche di Stand by Me ) e ha un ottimo finale, ma come annota William Rewak nella postfazione, ogni paragone con Sia lode ora a uomini di fama  è controproducente perché La veglia all’alba “non ha la stessa ampiezza, gli stessi tratti audaci, le stesse aspre contrapposizioni di colori, ma esteticamente è più maturo con le sue tinte tranquille, con l'uso attento delle immagini che mirano a suggerire più che a evidenziare le opposte realtà, con le sue pennellate delicate, quasi tenere, e con sua consapevole intenzione di costituire un'opera d'arte, ordinata e formale”. Molto curiose anche le reazioni che seguirono all'apparizione di un nuovo e scomodo adolescente americano, pronto a far compagni ai vari Holden o Huck Finn: qualcuno ci vide una sorta di rifiuto dell'american dream, altri un'addio all'innocenza, che non guasta mai. E' forse più probabile invece che il senso elegiaco de La veglia all’alba e quel continuo tentativo di confrontarsi con la morte siano dipesi dalle tensioni vissute da James Agee. “L'umanità in generale è ancora largamente inconsapevole della situazione in cui si è venuta a trovare. Si parla molto di come rinchiudere il nuovo mostro in una gabbia indistruttibile, ma pochi ammettono che il vero mostro è la razza umana” scriveva nel novembre 1945, e il mostro in questione è la bomba atomica che, soltanto un paio di mesi prima aveva cambiato completamente la percezione della vita e della morte. E’ anche per questo che dietro al breve e classico romanzo d'iniziazione, che suonerà un po’ strano per chi ha conosce James Agee solo attraverso Sia lode ora a uomini di fama, La veglia all’alba è anche il caso raro e atipico di uno scrittore dichiaratamente comunista e pieno di domande, come è giusto che sia (“In che modo siamo rimasti intrappolati? dove, lo sbaglio che abbiam fatto? cosa, come, dove quando, in che modo, tutte queste cose avrebbero potuto essere diverse, se solo avessimo agito? se solo avessimo saputo” scriveva in Sia lode ora a uomini di fama.) che affronta un tema di fede, con tatto indiscutibile e grande lirismo. 

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