venerdì 24 settembre 2010

Jim Harrison

C'è una vaga e diffusa tendenza a sottovalutare Jim Harrison: forse la sua natura estremamente riservata (preferisce andare a caccia e a pesca piuttosto che farsi intervistare) o il suo all american style tendono a dare un'immagine deforme dello scrittore e quindi della sua scrittura. In realtà resta un narratore con i fiocchi, capace di regalare personaggi che difficilmente si dimenticano e storie che vibrano dall'inizio alla fine. Nel caso qualcuno ancora non avesse avuto il piacere, è obbligatorio cominciare da Un buon giorno per morire, straordinario road movie schizzato sulla carta, dove follia e utopie si scontrano e si amalgamano con un improbabile triangolo amoroso. Ritmo a mille, dialoghi tagliati a colpi di serramanico, finale visionario: Un buon giorno per morire è l'equivalente letterario di Easy Rider, con l'aggiunta di un'ironia strisciante. Tra gli altri romanzi scritti da Jim Harrison (al pubblico femminile, in particolare, è caldamente consigliato il bellissimo Dalva), Luci dal Nord è forse il più malinconico e umorale: racconta il difficile rapporto tra Robert Corvus Strang, “un lavoratore”, già costruttore di dighe, e uno scrittore che dovrebbe narrarne gesta e leggende. Per inciso, Robert Corvus Strang è gravemente menomato da un incidente e la vita brillante che conduceva, da un posto all'altro del mondo, si è ridotta ad un bucolico sopravvivere nella wilderness dei Grandi Laghi. L'arrivo dello scrittore, (in cui, vista la dieta, non è difficile vedere anche un po' di Jim Harrison) che deve passare al vaglio la sua esistenza crea una serie di scosse telluriche nella tran tran ai margini della cosiddetta civiltà e Luci da Nord lo racconta tenendo ben presente che “la vita non è segmentata artificialmente in ciò che noi chiamiamo giorni, mesi, anni, albe, mezzogiorni, sere, notti; piuttosto la vita è scandita dai nostri stati d'animo, dalle impressioni, dai traumi, dai poteri che misteriosamente promanano dagli oggetti inanimati, dai sogni, da tutte queste cose cementate dal susseguirsi dell'amore, dell'odio e dell'indifferenza, dagli imprevedibili cambiamenti nel prisma della nostra comprensione, dal dilatarsi della passione e del desiderio che svaniscono in un momento, dissolvendosi in una sorta di inerzia, paura e indolenza”. Il confronto è articolato e spigoloso: “quelli come me sono pieni di profezie autogratificanti” dice Robert Corvus Strang e il suo interlocutore cerca di tenergli testa, variando un po’ in menù e i punti di vista (ed ecco il suo metodo per prendersi una boccata d’aria: “Mi sento meglio perché ho cambiato idea. Funziona sempre così: il cambiare idea rimuove un grumo dalla testa e ci spara dentro un po’ di ossigeno”). Il dialogo, che ha qualcosa di filosofico nel suo scorrere, riannodando le avventure e il lavoro di Robert Corvus Strang trasforma Luci dal Nord nel lato in ombra di Un buon giorno per morire: qualcuno vuol far saltare una diga, qualcuno le costruiva, tutti condividono il crepuscolo di un comune fallimento. Jim Harrison non sarà uno scrittore come Thomas Wolfe, Tennesse Williams, Saul Bellow o Lorca, Rilke, Thoreau e Shakespeare (tutti citati nei dialoghi con Robert Corvus Strang), ma con Luci dal Nord ha scritto un romanzo sull’immobilità, sulla natura (“L’unica metafora fra noi e fiumi è che neppure noi possiamo fermarci un istante”), sugli stati d'animo cercando di provare a dare un senso alle verità della vita. Con tutti i limiti delle parole e della scrittura e sapendo, come scrive in Luci dal Nord che “il mondo stesso deve andare parecchio al di là della serie delle cose che leggiamo e continuiamo a leggere su di esso”. Ci provano in pochi, ormai.

 

2 commenti:

  1. bellissima recensione, li ha dato la voglia di leggerlo, buon lavoro ^^

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  2. Ho appena finito di leggere Ritorno sulla terra, di Jim Harrison.Stupendo, credo che inizierò presto questo da voi recensito.Complimenti ragazzi

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