giovedì 27 maggio 2010

Sandra Cisneros

Un libro pieno di musica, di canzoni, di un ritmo ondulante tra il rock'n'roll e le orchestrine mariachi. Un romanzo che è un agglomerato di racconti, come il rebozo, il coloratissimo scialle che è al centro dell'attenzione, è un puzzle di tessuti perché, come scrive Sandra Cisneros, "la verità è che queste storie non sono altro che storie, pezzetti di filo, scampoli, piccole cose sparse trovate qua e là, cucite insieme per farne una nuova". Scrittrice americana (è nata a Chicago) ma di origini messicane, molto attenta al ritmo delle parole, del racconto, ma anche delle condizioni umane e sociali ("Scrivere è fare domande"), Sandra Cisneros ha dedicato a Caramelo (o Puro Cuento) quasi dieci anni. Un romanzo che racconta, dal punto di vista di Lala, una bambina nel vortice delle storie della sua famiglia, i Reyes, del loro viaggiare tra Messico e Stati Uniti. Due nazioni, due lingue, due mondi opposti, quello dell'infanzia ("Dato che siamo bambini, le cose succedono e qualcuno si dimentica di raccontarcele, oppure ce le raccontano e noi ce le dimentichiamo") e quello degli adulti si sovrappongono in continuazione tra realtà e immaginazione e diventano un flusso di storie ("La verità è che queste storie non sono altro che storie, pezzetti di filo, scampoli, piccole cose sparse trovate qua e là, cucite insieme per farne una nuova"), strade ("Non come sull'atlante dall'arancione al rosa, ma a un semaforo, nella calura ondulata e nella frastornante puzza di benzina, gli Stati Uniti finiscono all'improvviso, un aggrovigliato pigia pigia di fari rossi di auto e di camion che aspettano di passare il ponte. Miglia e miglia"), canzoni per raccontare che "la vita era crudele. E spassosa nello stesso tempo". La vita della famiglia Reyes, nel suo tran tran quotidiano di liti, feste, lavori da quattro soldi e pellegrinaggi attraverso la frontiera ("Ogni anno quando passo il confine è sempre la stessa cosa: la mia mente dimentica. Ma il mio corpo ricorda sempre") è raccontata da Sandra Cisneros con un andamento che sembra riprendere l'antica e primordiale unità tra musica e poesia. Il ritmo è costante, le immagini vivide e i personaggi perfettamente identificabili e Caramelo raccoglie nel linguaggio che dipana lungo le sue quattrocento e passa pagina tutta la nostalgia e la malinconia che sono proprie della condizione degli emigranti. Con gli occhi di una bambina, ma con la coscienza delle capacità chirurgiche della scrittura, con Caramelo Sandra Cisneros dipige un grande, affascinante affresco della vita tra due nazioni, due linguaggi, due tempi e probabilmente anche due vite diverse. In mezzo c'è sempre una frontiera, a partire dal border, quello reale, tra Messico e Texas che viene attraversato, nei due sensi, e dove si confondono le storie e le parole. Le differenze e le distanze diventano frasi musicali, i volti si trasformano in personaggi, l'inglese e lo spagnolo si confondono perché come ha detto Helène Cixous "gli espropriati vivono nel linguaggio", e ognuno ha il suo. Così si dipanano lunghe scene di viaggio che per Sandra Cisneros sono anche ritagli autobiografici perché va "a cercare quelli che mi sono lasciata dietro. A cercare quelli che non possono andarsene"; sublimi ritratti del tran tran domestico di tre diverse (e contigue) famiglie; tutta una vita che "era crudele. E spassosa nello stesso tempo". Ancora una contraddizione, una frontiera e una grande scrittrice che usa le parole, le lingue, le scritture per superarla. Se serve un paragone musicale (che tra l'altro può funzionare benissimo come colonna sonora) prendete Kiko dei Los Lobos. Caramelo ha la stessa varietà di sfumature, lo stesso ritmo dolce e incalzante, una voce calda a cui non sfugge nessuna storia. Come ha scritto Eduardo Galeano: "Caramelo è un treno pieno di immaginazione, senza un capolinea, che va e viene dal Messico agli Stati Uniti, attraversando le frontiere del tempo e dello spazio, pieno di voci, di musica, fatto di memoria e vita". Un capolavoro.

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